mercoledì 24 febbraio 2016

Ochette, ovvero il prosciutto d'oca Veneto

Ciao a tutti, eccomi tornato a scrivere dopo una breve pausa (stica! So 5 anni!), ma sepete che non e' mai troppo tardi! Visto Che la mia amica Stefy ormai e' una scrittrice di successo e  blogga ovunque anche per Dissapore, io voglio lanciarle una sfida. Io diventero' piu' famoso!
Ok pronto, ho appena attaccato Lorenzo Fragola così è a tema food (Mango e' morto e i morti meglio nn scomodarli).
Bando alle ciance e ai preamboli da sfida bloggerista, iniziamo con un bel argomento della tradizione veneta DOC: Le Ochette.




Quando ero piccolo sono sempre rimasto affascinato dai racconti di  mia  nonna Maria sulle ochete nela ola. Vi chiederete ma che lingua sta parlando questo? Beh si chiamano così i piccoli prosciutti d'oca conservati negli orci di terracotta sotto unto o strutto.

A Santa Caterina se copa l'ocatina.

Mentre i capponi, le galline e le anatre si uccidevano all'occorrenza, le oche venivano uccise per tradizione il 25 novembre e quindi c'era la necessità di conservarle per il resto dell'anno, come il maiale.
Se ghe tira el col, così iniziavano i racconti di nonna Maria, ma bisogna essere forti e veloci per non spaccargli la testa (Tarantino fa un baffo a mia nonna). Dopo si spela broandolo (scottandolo in acqua bollente) e si passa alla fiamma per bruciare i penoti. Si appende a testa in giù in maniera che il sangue coli e il giorno dopo si squarta. Si tagliano ali, collo e zampe, si apre a metà e si taglia in quarti, le cosiddette Ochette. Si salano i quarti e si mettono per otto giorni su di un asse in maniera che prendano il sale.
Si attaccano a delle stanghette ad asciugare.

A Santa Luzia se impitara le Ochette.

Si ripongono le Ochette nelle ole, gli orci, e si mettono sotto olio o unto.


Io non le ho mai assaggiate fatte da mia nonna , almeno da che io ricordi, ma il prosciutto d'oca si... e devo dire che è veramente buono.
A questo punto la mia amica Stefania starà ridendo pensando che la definizione di buono per uno che ha fatto corsi di degustazione di ogni tipo, analisi sensoriale e chi più' ne ha più' ne metta non e' una definizione da gastronauta... Ma a me piace essere tradizionale e che buono sia!

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